Questione di metodo
Non è certo qui e ora che proveremo a dare una definizione estensiva di Sostenibilità; avverrà pian pianino portando avanti una serie di riflessioni. Per ora mi limito ad alcuni «sorvoli qualitativi» sul metodo della Sostenibilità, con una breve capatina sul terreno semantico, necessaria per poter inquadrare la terminologia ed evitare di incorrere in errori e fraintendimenti.

Benvenuti al primo scritto della sezione "sostenibile" del sito. Facciamo le nostre mosse iniziali sul terreno complicato della Sostenibilità come critica e filosofia alternativa al Sistema corrente. Per cominciare, mettiamo un po' di carne al fuoco:
 

Un concetto sfocato

Iniziamo col dire che «la sostenibilità» è un risultato indiretto che si ottiene agendo su infiniti fattori. Questi fattori non sono mai sotto il controllo completo dell’Uomo, quindi non è possibile ottenere la completa condizione di sostenibilità in ogni aspetto di un progetto o processo umano, specie per quelli industriali. Questa è una cosa importante da farsi entrare bene in testa: l'Uomo modifica il suo ambiente! Bisogna vedere se lo fa in modo compatibile o meno rispetto al mantenimento di vari equilibri nel tempo.

L’approccio sintattico/analitico è quindi fortemente sconsigliato quando si riflette sulle dinamiche della Sostenibilità, in quanto esse agiscono su piani molto diversi tra loro. Al contrario, è indispensabile ragionare in maniera paratattica e olistica, per poter sfruttare intelligentemente e rispettosamente i processi naturali senza tentare di surclassarli con la forza bruta della tecnologia; strategia fallimentare questa, come avremo modo di vedere.

Partiamo quindi dal presupposto secondo cui «Sostenibile» è tutto ciò che è fondamentale dal punto di vista del sostentamento sociale ed economico per l’Uomo, cioè la relazione positiva tra dinamiche umane e ambientali, «Insostenibile» è ciò che è superfluo e consumista, che va oltre i limiti autoregolati da un approccio realisticamente attento ai bisogni della persona in rapporto alla disponibilità di risorse reperibili (possibilmente senza ricorrere a comportamenti imperialisti o materialisti). E qui, già si intravede un conflitto distributivo sottostante le “risorse disponibili”.
La concentrazione della ricchezza, la Disneyficazione dei centri storici, l’espansione urbana, i materiali dell’edilizia contemporanea, lo stile di vita energivoro, la moda stagionale ecc., sono tutti esempi di istanze insostenibili, che quindi finiscono per procurare instabilità ai sistemi economici, sociali e naturali, raggiungendo a un certo punto della loro insostenibile evoluzione uno stadio critico.

Non esistono ricette globali.
Al contrario, ogni cultura tradizionale e locale fornisce gli strumenti perfetti per uno stile di vita sostenibile.

 
 
La Sostenibilità è fortemente legata alla specificità dei luoghi, le loro risorse e il loro clima. Non esistono ricette globali. Al contrario, ogni cultura tradizionale e locale fornisce gli strumenti perfetti per uno stile di vita sostenibile dal punto di vista ambientale, più in armonia con la natura anch’essa autoctona.

La cultura tradizionale è sostenibile per definizione: recuperarla anche parzialmente significa automaticamente abbracciare uno stile di vita più sostenibile, perché la Sostenibilità è un insieme di processi che si integrano tra loro a livello soprattutto culturale.
L'elemento democratico, cioè in ultima istanza la distribuzione della ricchezza, acquista progressivamente maggiore importanza man mano che la società aumenta la sua complessità, e ci mostra come "sostenibilità" sia un concetto sfaccettato che comprende anche, ma non solo, la salute della struttura sociale, la sostenibilità dei cicli economici e produttivi legati all'ambiente, ecc.

La salute ambientale deriva dal grado di sfruttamento che l’Uomo impone alla natura. Esso è determinato da dinamiche economico-sociali, e quindi politiche (oggi funziona così). Per esempio, il recente Green New Deal for Nature è una dinamica politica generata da dinamiche economiche, non il contrario.

 

 

Il Greenwashing

 

 

Il Sistema condiziona
il consumatore,
 non il contrario.

 
I comportamenti e le abitudini individuali hanno un peso sugli ecosistemi relativamente alla disponibilità economica dell’individuo stesso che, in quanto consumatore intruppato nella società di massa, si serve dei prodotti e dei materiali offerti dal mercato, compreso lo stile di vita adottato. Autoregolarsi secondo coscienza nel tipo e nella quantità dei propri consumi o abbracciare stili di vita new-age può apparire meritorio ma si rivela purtroppo insufficiente e inutile, in quanto è una risposta che rimane all’interno del sistema consumista. Risulta alla fine un atto controproducente, in quanto il dissenso verso il funzionamento del Sistema viene incanalato e gestito dal Sistema stesso. Ad esempio, mi trovo spesso a far notare a molti veget-veg che la loro "scelta" si adatta perfettamente a dei segmenti di mercato specificamente preparati per loro, con campagne marketing mirate e penetrazione estensiva sul target...esattamente come il fast food e la dieta malsana e iperproteica americanoide.
 
Ricordiamolo ancora: è il Sistema che fa il consumatore, non accadrà mai il contrario. Mai. Il consumatore non conta nulla in quanto oggetto e non soggetto: quelle sul consumatore critico che ha il potere sono solo fregnacce! Contano solo i soldi coi quali puoi permetterti roba più salutare che un tempo era di dominio pubblico. Il resto lo fa l’omologazione (sotto)culturale, imponendo non il prodotto da consumare in sé ma il modello di consumo.
Ma il Sistema sa che la gente cerca istintivamente di liberarsi di lui, e intelligentemente crea un gatekeeper per intercettare questo istinto e canalizzarlo in comparti strutturati alla bisogna. L'esempio perfetto secondo me è chi cerca di salvare il pianeta mangiando farine OGM di scarso valore biologico ridotte in polpette o simil-mortadelle, e presto anche insetti secondo le direttive UE. Tra il consumatore e la brand identity si instaura un legame reciproco che porta a una felice alienazione e deriva nell'alto mare della società dei consumi. La pillola blu.
 
 
 

Sostenibilità come Patto Sociale

Un ragionamento sulla Sostenibilità deve assolutamente evitare di essere assertivo e richiamarsi a vincoli esterni, numeretti magici, voleri superiori e banalizzazioni di alcun tipo: in una società cosiddetta avanzata come la nostra si traduce in un atto sociale, che si serve di strumenti tecnici e scientifici per quantificare e raggiungere tecnicamente gli obiettivi posti al livello filosofico, umano e politico.
Questo (p)atto sociale non può essere altro che democratico, perché riguarda la vita di una intera comunità; se ciò non avviene si è in presenza di una minoranza che impone «l’ecologia» agli altri strati sociali in modo da  consolidare in proprio potere e, a margine, consumare come e più di prima sulla base del «risparmio» realizzato sulla pelle dei ceti subalterni. Come dicevamo prima, questo determina  condizioni di Insostenibilità economica e, di riflesso, ambientale.
 

I processi inquinanti si controllano tramite  i processi democratici.

 

Perciò, le condizioni di sostenibilità non vanno cercate direttamente con interventi legislativi dall'alto, con la pretesa paternalista che funzionino pure, ma si ottengono attraverso mutamenti condivisi nella struttura sociale, e soprattutto economico-produttiva. Le leggi in questo caso dovrebbero servire semmai a irregimentare delle istanze, piuttosto che a determinarle. In altre parole, un vero Patto Sociale degno di questo nome ha sicuramente un impatto positivo sulla Sostenibilità dei processi produttivi perché, attraverso il controllo della distribuzione della ricchezza, si controllano anche quelle esternalità negative che costituiscono l'inquinamento e sono spesso frutto di abusi e squilibri di potere tra classi di cittadini.

Utilizzando risorse economiche e investendole in modo progressivo si coinvolge la popolazione nei vari territori, e ciò si riverbera nelle strutture spaziali e architettoniche che devono recepire e attuare, esprimendole, queste istanze. Anche dal punto di vista della conservazione e tutela del Territorio. Un esempio. Il muro a secco in campagna lo fa il contadino, che è uno, piccino, e si fa gli affari suoi nascosto in un angolino del mondo. Il muro a secco contribuisce a tenere assieme, letteralmente, il paesaggio. Se favoriamo l'accentramento della struttura produttiva in multinazionali agricole o la conurbazione, chi pensate che farà manutenzione nei territori collinari italiani? E poi ci si lamenta delle frane.
 
Per ciò si tratta di "salvare il contadino", non di "salvare il paesaggio"! Allo stesso modo, se pensiamo agli indigeni che vivono nella foresta pluviale capiamo che, per salvare la foresta, è condizione necessaria e forse anche sufficiente salvare gli indigeni (cioè lasciarli in pace). Gli autoctoni sanno gestire e proteggere molto meglio il patrimonio naturale attraverso la sapienza e cultura tradizionale. Fare l'inverso invece espone i nativi al rischio –invero certezza– che il loro mezzo (la foresta) diventi il fine dei cosiddetti ecologisti.
Quello che serve è sensibilità e rispetto!
 
 
 

Ma dicevo del linguaggio. Vediamo ora di chiarire un paio di questioni semantiche che mi stanno a cuore, perché le ondate di spazzatura mediatica a tema ecologggia che, a parire dagli ultimi due-tre anni, si infrangono sui nostri cervelli, hanno raggiunto livelli allarmanti ed è ora di provare a metterci una pezza:
 
Ecologia
L’Ecologia è lo studio delle relazioni interne ad un ecosistema, dei processi abiotici e biotici che vi avvengono.
Ecologico=essere verde” è accezione puramente mediatica e avvelena i pozzi del dibattito, perché genera una distorsione a livello concettuale: noi invece ragioniamo sulla sostenibilità dei processi e dell’impatto umano attraverso lo strumento, tra i tanti, dell’Ecologia.
 

Clima
“Clima”≠“ecologia”. Lo specifico perché media mainstream e politici ormai alludono ai due concetti ormai sfumandoli tra loro, un gioco pericoloso dagli effetti perversi. In realtà il clima è lo stato medio del tempo atmosferico a varie scale spaziali e temporali, e controllarlo mette a posto la salute dell’ambiente o instaura dinamiche cosiddette sostenibili, tanto quanto abbassare la temperatura con il paracetamolo cura l’influenza.
Perciò limitare la quantità di CO2 in atmosfera non cambierà di una virgola la situazione ecologica. Anzi.
Questa è forse la distorsione fondamentale e più preponderante nel grande pubblico, con cui dover fare i conti, e ne parleremo adeguatamente in futuro.
 
 
 
Questo sorvolo preliminare costituisce una sorta di introduzione sull'approccio alla teoria della Sostenibilità, che poi verrà sviluppato nel corso di altri scritti, cioè: la maniera in cui trattiamo le cose in un sistema di priorità e valori, fondandole sulla conoscenza di cicli naturali e tradizioni, al fine di assicurare la prosperità e la resilienza della società e dell'individuo in rapporto all'ambiente.
E ricordare sempre che:
 
Non sappiamo come funziona il mondo che circonda.
 

 
Per ora non ho altro da dire, spero di essere stato chiaro. Il nostro aeroplano ha mappato un’area sufficientemente vasta per individuare punti di riferimento e coordinate per ulteriori rotte.
Si torna alla base; una pulitina al motore, ed altri post verranno.
 
darrell fraseror
 
 
Posted: 03/06/2020 23:11 — Author(s): Polemicarc

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