Valore VS Prezzo
Quale differenza passa tra prezzo e valore? Un caso empirico esemplificante la fallacia dei falsi ecologismi.
 
 
Poco tempo fa c'è stata questa piccola discussione sul Tùiter. La linko non perché voglio che ci andiate sopra a commentare, ma per amor di completezza (nonché per evitare quelli che mi mandano i messaggi privati sul Tùiter scrivendo in maiuscolo «NON METTI LA FONTEH PERCHÉ TI INVENTI TUTTOOOOHHhhh!!1!2!»). Una discussione come tante altre, da social –e i frequentatori del Tùiter sanno cosa questo voglia dire– niente di particolare ma invero rivelatrice nel suo significato profondo, perché evidenzia un –forse il– problema fondamentale che confonde, illude e distorce le speranze e le percezioni dei cosiddetti gretini ecologisti: la confusione tra VALORE e PREZZO.
Butto là un piccolo riferimento sul metodo per chi desidera oliare gli ingranaggi prima di fare una planata ispettiva rasoterra col nostro copilota Jet McQuack.
 
Tesi dell'utente:
Il sistema economico attuale distrugge le risorse naturali. Assegnando un prezzo a queste risorse se ne previene la consunzione. Tutto dovrebbe avere un prezzo, così si risolvono i problemi che ci affliggono.

Antitesi Polemica:
Assegnare un prezzo agli ecosistemi È continuare il sistema attuale che distrugge le risorse.

Per l'utente in questione la differenza tra valore e prezzo non c'è: il prezzo ricalca il valore.
Domanda polemica mia: allora quantifica il prezzo della tua vita. Nessuna risposta, eccetto un insultino ("prick", che mi scivola addosso come una goccia di rugiada su di una foglia di loto) e poi sparisce nel nulla come prevedibile. Game, set, match.
 
screenshot 01
 

La domanda può sembrare retorica e pretenziosa, ma in realtà va a scovare proprio questa contraddizione: l'utente evita di rispondere perché se lo facesse si renderebbe conto che il prezzo che sta per attribuire alla sua stessa vita non corrisponde al valore che lui di sé stesso percepisce. In altre parole, non risponde perché la domanda «quantifica in denaro il valore della tua vita» non ha senso. Come il suo ragionamento.
 
Se dare un prezzo alle cose di valore ne prevenisse la distruzione, dài un prezzo alla vita. Magari potremmo prevenire le guerre?
Ma durante la discussione è uscito un esempio che forse può essere utile per capire questo concetto, al fine di combattere questa narrativa totalmente capitalista, neoliberale, gnostica, mortalmente violenta e aggressiva.

Andiamo a guardare gli altri, che è sempre più facile che guardare sé stessi. Gli Indù, per ragioni economiche, ecologiche, geografiche, sanitarie ecc...dovevano preservare la popolazione di vacche.
Che fanno, nel pratico? Le fanno diventare sacre, che significa VALORE = ∞; PREZZO = 0. D'altronde se è sacro non è in vendita. Ecco perché la vita è (dovrebbe essere) sacra, ecco il perché della mia domanda provocatoria sul prezzo della vita.
Il contrario di sacro non è profano, ma sacrilego. L'islamico non mangia suino, in quanto haram, ma la funzione di regola ambientale rimane, in quanto il porcello abbisogna di molta acqua e fanghiglia, e in zone aride dove l'acqua scarseggia non era affatto una buona idea allevarli. Da qui la norma religiosa. Strano, verrebbe da dire, perché gli allevamenti (intensivi) di suini sono redditizi, quindi secondo la logica del prezzo...perché non li fanno?

Prova del nove: se questo ragionamento fosse fallace, non ci sarebbero vacche sacre in giro: sarebbero prezzate, acquistate e...macellate, secondo i prezzi di mercato dettati dal dogma della scarsità. Stesso discorso, ribaltato, per i porcelli.
 
screenshot 02

 

Sono in tanti a pensare così, sono in tanti ad avere letteralmente ucciso l'Umanità dentro di sé, e questo si collega (oltre all'uso smodato dell'hashtag #restiamoumani) al disprezzo per l'umanesimo, la filosofia e, specialmente, la filosofia della scienza: questi transumanisti saranno rimpiazzati da un cyborg e quando subiranno un attacco informatico o un guasto, finiranno semplicemente in discarica (come preferirebbero loro; d'altronde il rito funebre è irrazionale e improduttivo).
La spiritualità in senso lato collabora e unisce l'Uomo e la Natura in un continuum coerente. Come si può rapportare  sé stessi con la Natura e gli altri esseri se si nega questa dimensione, rifugiandosi in un semplice e meccanico economicismo?
 
Ecco il teorema:
Lo gnosticismo, lo scientismo, il capitalismo, il globalismo, il liberalismo sono alienanti. Allontanano l'Uomo dalla dimensione spirituale, trascendente il materiale.
Quando i dogmi economicisti percolano nelle profondità dell'Anima umana, essa si avvelena e si inaridisce, concependo la biologia, i sentimenti, il pensiero, la Vita e l'intero Universo come un accrocchio di interazioni deterministiche, fredde e meccaniche.
 
Se valore=prezzo, allora chi può pagare il prezzo controlla, dispone di, e utilizza il valore perché assegnare un prezzo significa soggiogare alle leggi del mercato: il bene pubblico, la pubblica utilità, il collettivo, il supra-economico scompaiono, ridotti ai minimi termini di una cifra affiancata dal segno del dollaro (o del Renminbi). E le risorse restano COMUNQUE consumabili, commerciabili e privatizzabili proprio grazie alla quantificazione economicista, la quale a questo sfruttamento è condizione necessaria e propedeutica.
Presupporre che facendo pagare (ai consumatori, come spiegato in questo post precedente!) le esternalità negative, prezzando la natura e commerciandola come tutto il resto, secondo i dettami del Sistema...staremmo in qualche modo rivoluzionando il Sistema.
Assegnare un alto prezzo a un bene ne preverrebbe l'utilizzo (in realtà ne rende l'utilizzo solo più esclusivo).
 
Per finire lascio alcune fondamentali riflessioni di Bazaar sul tema, sottolineando che la sostenibilità dei processi umani è conseguenza di una organizzazione democratica che funziona tramite diritti e doveri bilanciati, in cui la produzione -e quindi le sue esternalità negative di cui parlava l'utente di cui sopra- è controllata all'interno dell'ambito della sovranità popolare di chi si occupa e calca la terra su cui vive, preferibilmente da generazioni. In poche parole la democrazia nazionale, di tipo sicuramente non liberale. Qualsiasi ecologismo che non sia fisiologico alla democrazia è quindi oppressione di classe, imperialismo, violenza e ideologia della sofferenza. Che poi fallisce perché, pensiamoci. un povero non è che non inquini in quanto tale. L'amazzonia, ad esempio, la disboscano eserciti di poveracci a cottimo (per conto terzi ovviamente). Potrebbe un prezzo sulle foreste evitare questo? Sicuro? Che facciamo con gli indigeni, gli facciamo pagare l'affitto al Fondo Monetario Internazionale?
 
Mi mantengo comunque aperto ad eventuali osservazioni, critiche, precisazioni, in caso qualcuno avesse un'idea diversa, o volesse precisare i concetti economici, su cui mi dichiaro semianalfabeta, o avesse dei riferimenti per meglio integrare i concetti filosofici. (E chiudiamo con Pieter-Jan che svolazza tutto contento):
pieter jan
 
...
 
 
 
#  @GND
Posted: 04/02/2021 13:30 — Author(s): Polemicarc

Responses

IPB   06/02/2021 20:59
Buonasera,

Tempo fa lessi un articolo di Sir Roger Scruton, del quale mi colpi' in particolare il passo seguente (ne faccio una parafrasi, perche' non riesco a ritrovarlo, e non posso ripescarlo nel mio disco rigido perche' e' in riparazione): "In un sistema nel quale tutto ha un prezzo, niente ha piu' valore". Ho sempre ritenuto corretto questo enunciato, pur non riuscendo ad articolare il perche' di questa convinzione in maniera convincente.
Fino ad ora.
L'esempio delle vacche Hindu e' uno dei piu' concisi e penetranti che mi sia mai capitato di leggere, e finalmente posso articolare con precisione il significato di quelle parole hce mi avevano colpito cosi' tanto.
La ringrazio per questo lampo di lucidita' assoluta, oggi leggendola ho davvero imparato qualcosa.

IPB

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