Promessi Sposi
Il tema della carrozza proposto in diversi percorsi. Proseguiamo come se nulla fosse dopo una lunghissima pausa nelle pubblicazioni!

[indice generale Fior da Fiore - di Pupi]
 

 I promessi sposi - Capitolo XX
 

 
Passò inosservata la porta del chiostro, prese la strada, con gli occhi bassi, rasente al muro; trovò, con l’indicazioni avute e con le proprie rimembranze, la porta del borgo, n’uscì, andò tutta raccolta e un po’ tremante, per la strada maestra, arrivò in pochi momenti a quella che conduceva al convento; e la riconobbe. Quella strada era, ed è tutt’ora, affondata, a guisa d’un letto di fiume, tra due alte rive orlate di macchie, che vi forman sopra una specie di volta. Lucia, entrandovi, e vedendola affatto solitaria, sentì crescere la paura, e allungava il passo; ma poco dopo si rincorò alquanto, nel vedere una carrozza da viaggio ferma, e accanto a quella, davanti allo sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua e in là, come incerti della strada. Andando avanti, sentì uno di que’ due, che diceva: - ecco una buona giovine che c’insegnerà la strada -. Infatti, quando fu arrivata alla carrozza, quel medesimo, con un fare più gentile che non fosse l’aspetto, si voltò, e disse: - Quella giovine, ci sapreste insegnar la strada di Monza?
- Andando di lì, vanno a rovescio, - rispondeva la poverina:
- Monza è di qua... - e si voltava, per accennar col dito; quando l’altro compagno (era il Nibbio), afferrandola d’improvviso per la vita, l’alzò da terra. Lucia girò la testa indietro atterrita, e cacciò un urlo; il malandrino la mise per forza nella carrozza: uno che stava a sedere davanti, la prese e la cacciò, per quanto lei si divincolasse e stridesse, a sedere dirimpetto a sé: un altro, mettendole un fazzoletto alla bocca, le chiuse il grido in gola. In tanto il Nibbio entrò presto presto anche lui nella carrozza: lo sportello si chiuse, e la carrozza partì di carriera. L’altro che le aveva fatta quella domanda traditora, rimasto nella strada, diede un’occhiata in qua e in là, per veder se fosse accorso qualcheduno agli urli di Lucia: non c’era nessuno; saltò sur una riva, attaccandosi a un albero della macchia, e disparve. Era costui uno sgherro d’Egidio; era stato, facendo l’indiano, sulla porta del suo padrone, per veder quando Lucia usciva dal monastero; l’aveva osservata bene, per poterla riconoscere; ed era corso, per una scorciatoia, ad aspettarla al posto convenuto.
 
Chi potrà ora descrivere il terrore, l’angoscia di costei, esprimere ciò che passava nel suo animo? Spalancava gli occhi spaventati, per ansietà di conoscere la sua orribile situazione, e li richiudeva subito, per il ribrezzo e per il terrore di que’ visacci: si storceva, ma era tenuta da tutte le parti: raccoglieva tutte le sue forze, e dava delle stratte, per buttarsi verso lo sportello; ma due braccia nerborute la tenevano come conficcata nel fondo della carrozza; quattro altre manacce ve l’appuntellavano. Ogni volta che aprisse la bocca per cacciare un urlo, il fazzoletto veniva a soffogarglielo in gola. Intanto tre bocche d’inferno, con la voce più umana che sapessero formare, andavan ripetendo: - zitta, zitta, non abbiate paura, non vogliamo farvi male -. Dopo qualche momento d’una lotta così angosciosa, parve che s’acquietasse; allentò le braccia, lasciò cader la testa all’indietro, alzò a stento le palpebre, tenendo l’occhio immobile; e quegli orridi visacci che le stavan davanti le parvero confondersi e ondeggiare insieme in un mescuglio mostruoso: le fuggì il colore dal viso; un sudor freddo glielo coprì; s’abbandonò, e svenne.
 
- Su, su, coraggio, - diceva il Nibbio. - Coraggio, coraggio, - ripetevan gli altri due birboni; ma lo smarrimento d’ogni senso preservava in quel momento Lucia dal sentire i conforti di quelle orribili voci.
- Diavolo! par morta, - disse uno di coloro: - se fosse morta davvero?
- Oh! morta! - disse l’altro: - è uno di quegli svenimenti che vengono alle donne. Io so che, quando ho voluto mandare all’altro mondo qualcheduno, uomo o donna che fosse, c’è voluto altro.
- Via! - disse il Nibbio: - attenti al vostro dovere, e non andate a cercar altro. Tirate fuori dalla cassetta i tromboni [9], e teneteli pronti; che in questo bosco dove s’entra ora, c’è sempre de’ birboni annidati. Non così in mano, diavolo! riponeteli dietro le spalle, stesi: non vedete che costei è un pulcin bagnato che basisce [10] per nulla? Se vede armi, è capace di morir davvero. E quando sarà rinvenuta, badate bene di non farle paura; non la toccate, se non vi fo segno; a tenerla basto io. E zitti: lasciate parlare a me.
Intanto la carrozza, andando sempre di corsa, s’era inoltrata nel bosco.
 
Il ratto di Lucia
Ingrandimento dei Bravi che rapiscono Lucia
Ogni immagine qui riportata proviene da
Francesco Gonin
, illustrazioni per I promessi sposi, storia milanese del secolo
XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, Milano, dalla tipografia Guglielmini e
Radaelli, 1840.

Qui sopra, cap. XX, p. 386. Riproduzione anastatica in Alessandro Manzoni, I promessi
sposi (1840).
 
Dopo qualche tempo, la povera Lucia cominciò a risentirsi, come da un sonno profondo e affannoso, e aprì gli occhi. Penò alquanto a distinguere gli spaventosi oggetti che la circondavano, a raccogliere i suoi pensieri: alfine comprese di nuovo la sua terribile situazione. Il primo uso che fece delle poche forze ritornatele, fu di buttarsi ancora verso lo sportello, per slanciarsi fuori; ma fu ritenuta, e non poté che vedere un momento la solitudine selvaggia del luogo per cui passava. Cacciò di nuovo un urlo; ma il Nibbio, alzando la manaccia col fazzoletto, - via, - le disse, più dolcemente che poté; - state zitta, che sarà meglio per voi: non vogliamo farvi male; ma se non istate zitta, vi faremo star noi.
- Lasciatemi andare! Chi siete voi? Dove mi conducete? Perché m’avete presa? Lasciatemi andare, lasciatemi andare!
- Vi dico che non abbiate paura: non siete una bambina, e dovete capire che noi non vogliamo farvi male. Non vedete che avremmo potuto ammazzarvi cento volte, se avessimo cattive intenzioni? Dunque state quieta.
- No, no, lasciatemi andare per la mia strada: io non vi conosco.
- Vi conosciamo noi.
- Oh santissima Vergine! come mi conoscete? Lasciatemi andare, per carità. Chi siete voi? Perché m’avete presa?

 
- Perché c’è stato comandato.
- Chi? chi? chi ve lo può aver comandato?
- Zitta! - disse con un visaccio severo il Nibbio: - a noi non si fa di codeste domande.
Lucia tentò un’altra volta di buttarsi d’improvviso allo sportello; ma vedendo ch’era inutile, ricorse di nuovo alle preghiere; e con la testa bassa, con le gote irrigate di lacrime, con la voce interrotta dal pianto, con le mani giunte dinanzi alle labbra, - oh - diceva: - per l’amor di Dio, e della Vergine santissima, lasciatemi andare! Cosa v’ho fatto di male io? Sono una povera creatura che non v’ha fatto niente. Quello che m’avete fatto voi, ve lo perdono di cuore; e pregherò Dio per voi. Se avete anche voi una figlia, una moglie, una madre, pensate quello che patirebbero, se fossero in questo stato. Ricordatevi che dobbiamo morir tutti, e che un giorno desidererete che Dio vi usi misericordia. Lasciatemi andare, lasciatemi qui: il Signore mi farà trovar la mia strada.
- Non possiamo.
- Non potete? Oh Signore! perché non potete? Dove volete condurmi? Perché? ...
- Non possiamo: è inutile: non abbiate paura, che non vogliamo farvi male: state quieta, e nessuno vi toccherà.
 
Schizzo preliminare di Lucia
Lucia
 
 
Accorata, affannata, atterrita sempre più nel vedere che le sue parole non facevano nessun colpo, Lucia si rivolse a Colui che tiene in mano il cuore degli uomini, e può, quando voglia, intenerire i più duri. Si strinse il più che poté, nel canto della carrozza, mise le braccia in croce sul petto, e pregò qualche tempo con la mente; poi, tirata fuori la corona, cominciò a dire il rosario, con più fede e con più affetto che non avesse ancor fatto in vita sua. Ogni tanto, sperando d’avere impetrata la misericordia che implorava, si voltava a ripregar coloro; ma sempre inutilmente. Poi ricadeva ancora senza sentimenti, poi si riaveva di nuovo, per rivivere a nuove angosce. Ma ormai non ci regge il cuore a descriverle più a lungo: una pietà troppo dolorosa ci affretta al termine di quel viaggio, che durò più di quattr’ore; e dopo il quale avremo altre ore angosciose da passare. Trasportiamoci al castello dove l’infelice era aspettata.
Era aspettata dall’innominato, con un’inquietudine, con una sospension d’animo insolita. Cosa strana! quell’uomo, che aveva disposto a sangue freddo di tante vite, che in tanti suoi fatti non aveva contato per nulla i dolori da lui cagionati, se non qualche volta per assaporare in essi una selvaggia voluttà di vendetta, ora, nel metter le mani addosso a questa sconosciuta, a questa povera contadina, sentiva come un ribrezzo, direi quasi un terrore. Da un’alta finestra del suo castellaccio, guardava da qualche tempo verso uno sbocco della valle; ed ecco spuntar la carrozza, e venire innanzi lentamente: perché quel primo andar di carriera aveva consumata la foga, e domate le forze de’ cavalli. E benché, dal punto dove stava a guardare, la non paresse più che una di quelle carrozzine che si dànno per balocco ai fanciulli, la riconobbe subito, e si sentì il cuore batter più forte.

 
 
“Ci sarà? - pensò subito; e continuava tra sé: - che noia mi dà costei! Liberiamocene”.
E voleva chiamare uno de’ suoi sgherri, e spedirlo subito incontro alla carrozza, a ordinare al Nibbio che voltasse, e conducesse colei al palazzo di don Rodrigo. Ma un no imperioso che risonò nella sua mente, fece svanire quel disegno. Tormentato però dal bisogno di dar qualche ordine, riuscendogli intollerabile lo stare aspettando oziosamente quella carrozza che veniva avanti passo passo, come un tradimento, che so io? come un gastigo, fece chiamare una sua vecchia donna.
Era costei nata in quello stesso castello, da un antico custode di esso, e aveva passata lì tutta la sua vita. Ciò che aveva veduto e sentito fin dalle fasce, le aveva impresso nella mente un concetto magnifico e terribile del potere de’ suoi padroni; e la massima principale che aveva attinta dall’istruzioni e dagli esempi, era che bisognava ubbidirli in ogni cosa, perché potevano far del gran male e del gran bene. L’idea del dovere, deposta come un germe nel cuore di tutti gli uomini, svolgendosi nel suo, insieme co’ sentimenti d’un rispetto, d’un terrore, d’una cupidigia servile, s’era associata e adattata a quelli. Quando l’innominato, divenuto padrone, cominciò a far quell’uso spaventevole della sua forza, costei ne provò da principio un certo ribrezzo insieme e un sentimento più profondo di sommissione. Col tempo, s’era avvezzata a ciò che aveva tutto il giorno davanti agli occhi e negli orecchi: la volontà potente e sfrenata d’un così gran signore, era per lei come una specie di giustizia fatale.
 
Renzo
 
 
 
Ragazza già fatta, aveva sposato un servitor di casa, il quale, poco dopo, essendo andato a una spedizione rischiosa, lasciò l’ossa sur una strada, e lei vedova nel castello. La vendetta che il signore ne fece subito, le diede una consolazione feroce, e le accrebbe l’orgoglio di trovarsi sotto una tal protezione. D’allora in poi, non mise piede fuor del castello, che molto di rado; e a poco a poco non le rimase del vivere umano quasi altre idee salvo quelle che ne riceveva in quel luogo. Non era addetta ad alcun servizio particolare, ma, in quella masnada di sgherri, ora l’uno ora l’altro, le davan da fare ogni poco; ch’era il suo rodimento. Ora aveva cenci da rattoppare, ora da preparare in fretta da mangiare a chi tornasse da una spedizione, ora feriti da medicare. I comandi poi di coloro, i rimproveri, i ringraziamenti, eran conditi di beffe e d’improperi: vecchia, era il suo appellativo usuale; gli aggiunti, che qualcheduno sempre ci se n’attaccava, variavano secondo le circostanze e l’umore dell’amico. E colei, disturbata nella pigrizia, e provocata nella stizza, ch’erano due delle sue passioni predominanti, contraccambiava alle volte que’ complimenti con parole, in cui Satana avrebbe riconosciuto più del suo ingegno, che in quelle de’ provocatori.
- Tu vedi laggiù quella carrozza! - le disse il signore.
- La vedo, - rispose la vecchia, cacciando avanti il mento appuntato, e aguzzando gli occhi infossati, come se cercasse di spingerli su gli orli dell’occhiaie.
- Fa allestir subito una bussola [11], entraci, e fatti portare alla Malanotte. Subito subito; che tu ci arrivi prima di quella carrozza: già la viene avanti col passo della morte. In quella carrozza c’è... ci dev’essere... una giovine. Se c’è, dì al Nibbio, in mio nome, che la metta nella bussola, e lui venga su subito da me. Tu starai nella bussola, con quella... giovine; e quando sarete quassù, la condurrai nella tua camera. Se ti domanda dove la meni, di chi è il castello, guarda di non...
- Oh! - disse la vecchia.
- Ma, - continuò l’innominato, - falle coraggio.
- Cosa le devo dire?
- Cosa le devi dire? Falle coraggio, ti dico. Tu sei venuta a codesta età, senza sapere come si fa coraggio a una creatura, quando si vuole! Hai tu mai sentito affanno di cuore? Hai tu mai avuto paura? Non sai le parole che fanno piacere in que’ momenti? Dille di quelle parole: trovale, alla malora. Va.
E partita che fu, si fermò alquanto alla finestra, con gli occhi fissi a quella carrozza, che già appariva più grande di molto; poi gli alzo al sole, che in quel momento si nascondeva dietro la montagna; poi guardò le nuvole sparse al di sopra, che di brune si fecero, quasi a un tratto, di fuoco. Si ritirò, chiuse la finestra, e si mise a camminare innanzi e indietro per la stanza, con un passo di viaggiatore frettoloso.
 
 
La Provvidenza difende Lucia dalle avversità
 
 
 
 

Addendum

 
.
Cap. XXXII (50-51, pp. 618-619) è riportato un “racconto fantastico” che utilizza lo stesso schema narrativo dell’episodio di Lucia e dell’innominato e riguarda le dicerie sugli untori:
 
Si raccontava, non da tutti nell’istessa maniera (che sarebbe un troppo singolar privilegio delle favole), ma a un di presso, che un tale, il tal giorno, aveva visto arrivar sulla piazza del duomo un tiro a sei, e dentro, con altri, un gran personaggio, con una faccia fosca e infocata, con gli occhi accesi, coi capelli ritti, e il labbro atteggiato di minaccia. Mentre quel tale stava intento a guardare, la carrozza s’era fermata; e il cocchiere l’aveva invitato a salirvi; e lui non aveva saputo dir di no. Dopo diversi rigiri, erano smontati alla porta d’un tal palazzo, dove entrato anche lui, con la compagnia, aveva trovato amenità e orrori, deserti e giardini, caverne e sale; e in esse, fantasime sedute a consiglio. Finalmente, gli erano state fatte vedere gran casse di danaro, e detto che ne prendesse quanto gli fosse piaciuto, con questo però, che accettasse un vasetto d’unguento, e andasse con esso ungendo per la città. Ma, non avendo voluto acconsentire, s’era trovato, in un batter d’occhio, nel medesimo luogo dove era stato preso.
 
Stiamo naturalmente parlando di un romanzo capitale sotto ogni punto di vista nella nostra letteratura. Al liceo va letto INTERAMENTE, senza riassuntini o parafrasi. Nei gradi inferiori si possono proporre brani singoli o una scelta antologica.
 
  • Attività proposte: lettura in classe drammatizzata. Poiché gli orari lunghissimi costringono gli studenti a una permanenza eccessiva in aula, l’ora di lettura (che può utilmente sostituire progetti, visioni da teleschermo e attività non pertinenti) consente una maggior rilassatezza e coinvolge tutta la classe se essa viene svolta facendo partecipare un po’ per volta tutti gli studenti (utile anche per verificare la competenza degli studenti). Durante la lettura l’insegnante si soffermerà sulle espressioni desuete, su lombardismi e toscanismi, sulle scelte stilistiche dell’Autore.
     
  • Attività scritte: poiché è somma l’abilità del Manzoni nel tratteggiare i personaggi, è utile proporre, anche qui, temi e parafrasi mirati ad evidenziare, per esempio, le caratterizzazioni dei bravi, dell’innominato, di Lucia.
     
  • Confronti: che scopo ha la carrozza in questo brano? Che cosa suggerisce l’uso della parola balocco da parte di Manzoni (vd. Collodi), è corretto dire che Lucia viene trasportata in una sorta di aldilà come accade a Persefone? Per quale motivo? È corretto dire che i bravi somigliano a diavoli? Per quale motivo? Riuscite a individuare un riferimento alle Malebolge?
     
  • Nel Fermo e Lucia II, ix (1821-1823) il viaggio della ragazza rapita nella carrozza è un vero viaggio agli inferi. La vettura attraversa infatti una selva che ha evidenti caratteristiche dantesche: le sapreste individuare confrontando il canto primo della Commedia con la descrizione manzoniana?
     
  • Percorso figurativo: le illustrazioni de I promessi sposi furono commissionate dal Manzoni in persona a Francesco Gonin. Osservate attentamente il ratto di Lucia e mettetelo a confronto con la scultura del Bernini: cosa notate? Somiglianze? Differenze?
 
 

 
Attività extra promossa da @Polemicarc: localizzare questa chiesa nella Milano odierna, ripetere l'operazione sulle mappe storiche fornite nella galleria sottostante, e discutere le differenti condizioni urbanistiche del Lazzaretto e della città di Milano.
La chiesa panottica e il Lazzaretto che la circondava
 
 
 
 
 
#  @Pupi
Posted: 09/10/2022 10:01 — Author(s): Pupi

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