Architettura è Politica (?) - I
— Architettura è Politica (?): atto II

«Non esiste né un'Architettura autoritaria né un'Architettura democratica.
Esistono soltanto modi autoritari o democratici di produrre e di usare l'architettura.
Una fila di colonne doriche non è più autoritaria di quanto sia democratica una tensostruttura.
L'Architettura non è politica, può solo essere usata politicamente.
Quando l'Architettura esiste, riesce sempre a superare la politica.»
-Léon Krier-
 
Questo passaggio, estratto da «La ricostruzione della Città Europea», ci porta dritti al punto di partenza. L’architettura come strumento (meta)politico.
Krier si riferisce alla forma fisica dell’Architettura, al suo vocabolario. Su questo, per molti aspetti ha perfettamente ragione. Ma, può anche essere che il semplice atto di creazione dello spazio sia intrinsecamente connotato politicamente? E se per caso fosse così, ce ne deve importare qualcosa?
Iniziamo dalla semplice constatazione secondo cui siccome l’uomo abita lo spazio, l’architettura ha a che fare con entrambi. Architettura come spazio di vita dell’uomo significa sostanzialmente rilevare che gli elementi costituivi dello spazio in cui viviamo sono dei collettori di istanze politiche, rapporti economici e di classe, i quali sono tradotti dai progettisti/costruttori  –consapevolmente o meno– in rappresentazioni di un’organizzazione sociale reale o ideale.
Lo spazio nella sua forma e struttura, quindi, è determinato da  –e a sua volta determina– le dinamiche socioeconomiche che vi si svolgono. In altre parole, siamo tutti circondati da spazi che sono politica allo stato solido, che cristallizzano i processi socio-economici che li hanno creati. Certi edifici o monumenti ci narrano di questi rapporti in modo più o meno esplicito, contriariamente ad oggetti ed edifici ordinari e anonimi. I primi ci forniscono le chiavi di lettura della Storia, i secondi mettono in atto dinamiche invisibili in implicita omertà.

Una cosa affatto ovvia, per chi non si interessa all'Architettura, è che lo Spazio, così come la Luce, è un elemento costitutivo tanto quanto la Massa. La Massa è statica e materiale: non si muove e determina lo Spazio racchiudendo un Volume immateriale; questi può essere percorso ed esperito dinamicamente.
Le forze che plasmano una società, a loro volta tendenzialmente controllate dal Potere (considerato come elemento astratto e dai mille volti), finiscono spesso per determinare a vari livelli l’assetto spaziale di un ambiente.

È qui che, volendo fare i Polemici, Krier è forse carente nella sua analisi: la Politica in Architettura prende forma ancora prima di tracciare un segno sul tovagliolino della tazzina di caffè: le istanze politiche che strutturano lo spazio dispiegano la loro influenza già a uno stadio di proto-progetto.
Esse rispondono sicuramente a dei criteri funzionali ma, nel soddisfarli, vengono predilette soluzioni concordi agli obiettivi politici e ai valori etici dell’attore/i che mobilita la forza economica per realizzare il progetto.
Ora, se questa cosa pare interessante, facciamo l'esempio della Stazione Centrale di Milano per meglio esplorare la relazione tra Architettura/pianificazione e processi politici. Altrimenti chi si annoia può saltare direttamente alla conclusione.

diamond black
Pronti? Via.
Intanto va osservato che, al momento di dire «serve un'altra stazione», si sta prendendo la decisione politica di abbattere la prima e farne una seconda. E ancora senza tracciare una linea o posare una pietra. Questa eventualità proto-progettuale non è stata presa in considerazione da Krier. Ma procediamo nel saggiare il suo assioma.
Qui in foto vedete la stazione di Milano precedente, situata nell'odierna Piazza della Repubblica e chiusa nel 1931 in seguito all'avvento della nuova.

stazionecentralevecchiamilanosparita stazione centrale di milano 1864
In breve, questa stazione aveva un pregio e due difetti: il pregio consisteva nell'essere una stazione passante, ossia in cui i treni transitano lungo la stazione stessa, evitando complicate manovre logistiche. Il difetto inerente l'edificio era invece determinato dalla tipologia architettonica, che impediva lo sviluppo ulteriore dei binari racchiudendoli tra due corpi di fabbrica; inoltre, certi problemi di collegamento degli scali ferrati milanesi dell'epoca imponevano un nuovo anello ferroviario più esterno, segnando purtroppo il destino della vecchia stazione.
 
 
stazione milano centrale 1865  pianta  restored
Pianta della vecchia Stazione Centrale di Milano
 
 
 


Quella nuova, pur risolvendo con la sua collocazione sulla cinta ferroviaria più esterna i problemi logistici che affliggevano la rete viaria milanese a quell'epoca, presentava un'incomprensibile caratteristica, probabilmente dettata dal contesto urbano: l'essere concepita come stazione di testa. Nelle stazioni di testa il treno deve prima entrare in stazione con lunghe manovre, poi deve ricevere un nuovo locomotore in coda (se non ce l'ha), e quindi ripartire ripetendo le manovre di uscita. Questa inesorabile lentezza della manovra è evidente a chiunque arrivi in treno a Milano.
E questo è strano per un regime che non si è fatto problemi riguardo sventramenti massicci (vedi Via della Conciliazione a Roma per creare l'asse panoramico verso S.Pietro): si tratta infatti di una pura decisione politica.


Nella mappe sottostanti è visibile il tracciato ferroviario abbandonato, quello mantenuto (nuovo scalo merci Porta Garibaldi, a sinistra), la nuova stazione –sulla destra– e la sede della precedente - in corrispondenza del cerchio che indica l'odierna Piazza Repubblica- (Vallardi, 1925), e poi abbiamo un ingrandimento della odierna Piazza Repubblica.
 

 
milano mappa stazioni 01 01
Tracciati ferroviari mantenuti e abbandonati, vecchia stazione in rapporto alla nuova
stazione centrale mi piazza repubblica
Particolare del piazzale antistante la vecchia stazione
 

Insomma, un'operazione del genere non può che essere una sequela politicizzatissima di decisioni e operazioni burocratiche che concorrono a formare lo spazio urbano. Ebbene: fu deciso che la Centrale doveva sorgere in prossimità della vecchia stazione, con orientamento perpendicolare a 90°, e che lo scalo Garibaldi sarebbe stato adibito a merci.
Allocando la nuova stazione al posto dello scalo Garibaldi, si sarebbe potuto avere una stazione centrale passante, collocata tra l'altro in posizione molto più vantaggiosa dal punto di vista connettivo, magari realizzando uno scalo merci più esterno, al posto della nuova Stazione Centrale, ma questa alternativa fu scartata, vai a sapere il perché. Politica!

Ad ogni modo rimaneva una cosa importante da risolvere: il destino del luogo in cui sorgeva la vecchia stazione: all'epoca non sarebbe mai venuto in mente a nessuno di rifunzionalizzare l'edificio e farci dentro tante belle cose, quindi fu abbattuto e... E niente. Quel non-luogo divenne un piazzale motorizzato con qualche brandello di aiuola.
Problema urbanistico irrisolto a tutt'oggi ed evidente a ogni turista che esca dalla stazione e percorra quel vialone mastodontico, asettico e fuori scala che è Viale Vittor Pisani (un viale senza alberi!). Camminavo per le strade, studentello universitario, quando: «Scusi, dov'è Piazza della Repubblica?» mi domandano. «È questa, buon uomo.» gli rispondevo. E loro: «Ma dov'è la piazza?». Già, bella domanda, You got it, dude. I milanesi no, perché sono troppo abituati alle brutture (ne parleremo un giorno) e quando camminano devono tenere lo sguardo a terra per non pestare una merda.

 

 
piazza repubblica oggi
SvincoloPiazza della Repubblica oggi
 
 

diamond black

Allora Krier si sbaglia? No: è vero, una stazione non è né democratica né autoritaria. Anche una fila di colonne doriche non è democratica o autoritaria. In linea di principio. Se una colonna è una lettera e una fila di colonne è una parola, con quella parola possiamo formare le frasi che vogliamo.
Cosa ne dici di mettere dei telamoni muscolosissimi al posto delle colonne? Vittorie alate che reggono i simboli dell'Impero, ne abbiamo? Facciamo questa stazione come un inno glorioso alla narrazione del potere politico corrente, eia eia alalà! Qui Krier ha ragione nel dire che l'Architettura può essere utilizzata politicamente, sia a livello del componente architettonico in sé, che nell'esperienza di uso dell'edificio.
Ma chiunque vada a prendere il treno in quella stazione a Milano, e si conceda qualche secondo nel mezzo della frenesia per ammirare le volte imponenti, le massicce statue, o le avvolgenti modanature in possente pietra, non potrà esimersi dall'esclamare «Poffarbacco, il Mascellone ha anche fatto fare dei begli edifici!». E allora, se è una persona umana, sensibile o minimamente intelligente, svilupperà una forma di interesse verso qualche tema, sia esso storio, o artistico o culturale ispirato dalla poetica architettonica dell'edificio.
Diciamo quindi che non può importarci nulla del giudizio morale verso il Fascismo perché come giustamente afferma Krier, l'Architettura va oltre la Politica, nel senso che il suo insegnamento può essere molto più vasto.

Però diciamolo a bassa voce, perché di solito salta fuori il genio a darmi del "phaseesta" perché dico che la Stazione Centrale o altre costruzioni del Ventennio sono belli.
Se la giornata stava procedendo bene, tento di rovinarvela con questo articolo delirante in cui una faccia di bronzo si chiede cosa aspettiamo a liberarci del ciarpame phaseesta.


jussitoivanen milancentralstation

Questo dimostra che effettivamente l'Architettura, anche se non è politica in sé e per sé,  lo diventa già solo per il fatto che rappresenta qualcosa nella testa delle persone, e che il suo uso politico viene adoperato tanto dai costruttori quanto dai detrattori della stessa.
Nel processo di tesaurizzazione del Patrimonio —cioè nel passare dalla demolizione delle effigi del dittatore di ieri alla tutela dei suoi stessi prodotti artistici oggi, indipendentemente dal messaggio originario— si assiste ad un cambio di attribuzione del significato che impregna quel particolare edificio o spazio, che poi è la ragione per cui la Stazione Centrale di Milano è utilizzata tutt'ora, assieme a molti altri edifici del Regime. E questo è ciò che Krier definisce «Architettura che supera la Politica», e che vale anche per l'edificio della Stazione. Ma per l'odierna Piazza della Repubblica non è così: si può dire che sia ancora prigioniera del limbo di incompletezza in cui è stata volutamente confinata, in favore di un asse automobilistico in direzione Piazza Duca d'Aosta. Invece di superare la politica, ne è stata vittima.


Facciamo un esempio macabro, per concludere in bellezza: Il campo di Auschwitz. L'architettura di quel complesso esprime una cosa sola e ha un solo scopo, così chiaro che può permettersi persino di dileggiare gli internati e i titubanti visitatori di oggi con la famosa scritta all'ingresso; senza contare che il suo ricordo e la sua funzione sono bene impressi nella memoria collettiva. Riutilizzare quegli edifici è impossibile, a meno che qualcuno decida di riprenderne l'originale macabra funzione! Eppure essi non vengono distrutti, bensì cristallizzati per preservare la Memoria.
In questo caso limite si verifica l'aforisma di Krier, in quanto quella specifica architettura supera il suo stesso significato politico, pur mantenendolo. Abbiamo quindi trovato tre varianti: lo Spazio (edificio, spazio urbano...) che supera la Politica astraendosi dal proprio messagio originario; lo Spazio che è vittima della Politica e rimane senza senso; lo Spazio che supera la Politica rafforzando e totalizzando il proprio significato originario. La conclusione del Polemico è che il rapporto tra Architettura e Politica esiste, e i due elementi si nutrono a vicenda e crescono l'uno sull'altro in una relazione di continuo divenire, e vanno rispettati ed accettati.
Ultimamente ci sono dei gruppi di esagitati che brandiscono la Bibbia del Politicamente Corretto per fare il processo a statue e monumenti: essi sono dei barbari ignoranti che rifiutano la Cultura e la maturità che ci infonde la sua complessità. Gli strumenti per gestire e comprendere le cose vanno costruiti, e costa fatica. Più facile cancellare: niente da capire, niente da difendere, niente da mantenere e tramandare.

Per chi volesse reperire qualche informazione in più sui piani urbanistici storici di Milano, e in particolare sulla storia qui accennata come "scusa" per presentare il tema principale, lascio qui un link alla serie di due post sull'ottimo sito Stagniweb.it, gestito da un amatore ferroviario.


Riportiamo il nostro biplano esploratore alla base; il volo di ricognizione di oggi è terminato, ma si immagina già la rotta per una spedizione più ardita! Io ho visto delle chiese in lontananza…biplanotramontoor

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Posted: 02/06/2020 19:59 — Author(s): Polemicarc

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