Architettura è Politica (?) - II
— Architettura è Politica (?): atto I
Quando si parla di Architettura e Politica, quindi di Spazio, mi piace parlare di chiese. Abbiamo parlato di stazioni, ora parliamo di chiese!
Le chiese sono fantastiche, dei concentrati di arte e storia, create da cultura, civiltà e religione, rappresentazioni del potere temporale o, a seconda dei casi, di umiltà o indipendenza.
 

Diffidate degli atei che disprezzano le chiese! Aborrite i ridanciani che vi utilizzano gli smarfon' per le loro buffonate! Essi disprezzano l’umanesimo di cui sono intrise, deridono la spiritualità e rifuggono l’elevazione dello spirito data dalla cristallina tranquillità della luce che filtra tra le navate cariche di storia, nel silenzio. Il balsamo curativo del luogo sacro, qualunque esso sia. Tra l’altro, la sempre più marcata mancanza di sensibilità e spiritualità nella popolazione si traduce in mancanza di sensibilità nel rapporto con gli edifici, ma non ne parliamo ora; ora parliamo dell’organizzazione spaziale di certe chiese in rapporto con il messaggio politico. Un argomento introdotto nel post precedente.

Alla faccia di quella là che mi diceva “You’re an architect, not a politician”. Gnè gnè.

 

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Santo Spirito a Firenze:


Questa mi piace assai.
L’ultima opera del Brunelleschi dichiara in modo molto esplicito, a partire dalla pianta, l’intenzione di utilizzare lo spazio in modo non convenzionale e simmetrico come si conviene alla tradizione. A tale fine impiega quattro porte di accesso che forzano una visione ed esperienza obliqua nello spazio.
Visivamente e spazialmente, Brunelleschi crea una struttura quasi parametrica replicando il modulo di cappelle laterali e colonne, le quali definiscono le navate. Provocatoriamente, si ritrova il pieno di una di queste colonne “di bordo” al posto dei tradizionali volumi, come il centro del fronte interno (l'inizio della navata principale) o il vuoto absidale nel transetto, (evidente nel disegno, infondo infondo, a confronto con la foto attuale dove non si vede nulla per colpa di quel baldacchinaccio).

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«Programma rivoluzionario, che laicizza il santuario cristiano riassorbendone ogni residuo misticheggiante e negando l’egemonia del percorso unico verso l’altare» (Bruno Zevi).

Questo è l’elemento politico.

Le due colonne collocate agli estremi dell’asse longitudinale producono l’effetto di modificare l’utilizzo dello spazio costringendo a dinamici scorci diagonali, discostandosi così dalla tradizione.
Questa diversa dinamicità spaziale genera la comparsa dell’elemento architettonico detto “dado brunelleschiano”, cioè il tronco di trabeazione posto sopra i capitelli che acquista rilievo visivo nello scorcio a cui siamo costretti nel gesto di entrare nella basilica da una delle quattro porte frontali. Ma esso è solo il riflesso dell’elemento nuovo in questa chiesa, che è il suo funzionamento spaziale e quindi teologico!
Un cambiamento nell'esperienza dello spazio vissuto porta con sé un mutamento nella percezione dell'edificio. E se l'edificio comunica un insieme di valori e una certa visione del mondo, del Rito e della Dottrina, è lecito supporre che questo cambiamento spaziale possa contribuire alla revisione di quegli stessi principi, dal momento che essi vengono letteralmente veduti da un'altra prospettiva.
Una chiesa laica, santa ma “di popolo”: il ritorno metaforico alla basilica paleocristiana. E infatti non è durata: i suoi  allievi e appassionati studiosi hanno entusiasticamente cancellato la chiesa originaria, sovrascrivendola con l’idealizzazione moralistica, da parte di quell'accademia polverosa, del personaggio del Brunelleschi stesso e consegnandoci ciò che oggi vediamo, neutralizzandone la carica riformatrice, o se vogliamo "sovversiva".
 
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Salta la colonna sul fronte interno, le cappelle laterali vengono sigillate da un muro, le porte di ingresso ridotte da quattro a tre (tornando a una visione statica e simmetrica aborrita dal Brunelleschi) e, come ciliegina sulla torta, la colonna centrale sul fondo viene nascosta da un altare con baldacchino esibizionista e sciatto collocato alla bisogna. Senza menzionare la volta a botte originariamente prevista, che avrebbe senza dubbio reso lo spazio più maestoso ed il volume del tetto più "espanso", la quale avrebbe dovuto culminare in una cupola ribassata, senza tamburo (quest'ultimo visibile nella versione odierna).
E così l’anti-rinascimentale Brunelleschi e i suoi spazi politicamente irriverenti vengono revisionati ideologicamente e normalizzati a posteriori, trasformati in un anonimo modello di chiesa rinascimentale.
Decisamente un buon esempio per esemplificare il legame che stiamo indagando.
Qui sotto possiamo ammirare una ricostruzione di come poteva apparire la chiesa all'esterno, nella sua concezione originaria, in raffronto alla forma attuale:

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«Filippo di Ser Brunellesco, sparutissimo de la persona, ma di ingegno tanto elevato, che ben si può dire ch'ei ci fu donato dal cielo per dar nuova forma alla architettura, già per centinaia d'anni smarrita, nella quale gl'uomini di quel tempo in mala parte molti tesori avevano spesi, facendo fabriche senza ordine, con mal modo, con tristo disegno, con stranissime invenzioni, con disgraziatissima grazia e con peggior ornamento.»
Giorgio Vasari - «Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri»
 

 

 
 
 
Posted: 04/06/2020 17:31 — Author(s): Polemicarc

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