La Scelta Sostenibile
 
Dopo due anni dall'inizio di questo sito, dopo un piccolo accumulo di scritti comprendenti valutazioni sparse, dopo miriadi di dibattiti in Rete (alcuni costruttivi e altri...meno) ci azzardiamo qui in queste righe a compiere un passo successivo e più approfondito nell'individuazione del concetto di Sostenibilità, nello sforzo di sintetizzarne una definizione "indipendente".

 
Un compito assai arduo e da affrontare con cautela, per via delle insidie insite in una prassi politica che può facilmente trasformarsi in uno strumento contro l'Uomo e non al suo servizio, come già mirabilmente sottolineato da altri pensatori e commentatori più focalizzati sulla teoria e analisi politica.

Si era partiti a intavolare il discorso da Una Questione di Metodo facendo osservazioni molto generali, la più importante delle quali consiste nel fatto che «sostenibilità» è una variabile dipendente del sistema politico e quindi socioeconomico, non il contrario.
«Sostenibilità» è un concetto che si instaura su una piattaforma di pensiero politico, spacciarla come fatto scientifico e invertire questo assioma è ciò che vogliamo evitare: la teoria politica definisce i concetti, la prassi sostenibile gli "attrezzi operativi".

La critica all'approccio economicista si sovrappone alla critica all'utopismo green —vedi lo scritto Utopie Globali— così come a valutazioni di ordine etico (vedi Valore vs Prezzo), mentre parallelamente si è portato avanti un discorso di condanna nei confronti del sistema economico e politico, attraverso la lente
dell'Architettura nelle sue varie declinazioni, aiutandosi con diversi contributi teorici di autori affermati (a tal proposito posso citare la serie @polemicard o più in generale gli articoli sottostanti l'etichetta @politicARC).
 
Cercherò di sintetizzare questo insieme di chiacchierate teoriche al fine di focalizzare concetti chiave per poter interpretare la prassi sostenibile in funzione della prassi politica. Questo percorso è costellato di aut aut a distanza regolare, che biforcano costantemente il sentiero, lo rendono tortuoso e aumentano le nostre probabilità di sbagliarci e perdere la via seguendo un bivio errato, deviando verso malthusianesimo, darwinismo sociale, ecologismo, dogma della scarsità, e così via.
Renderò il più esplicite possibile queste scelte di direzioneche sono scelte politiche— in modo da esporle ad osservazioni e critiche al fine di perfezionarle. (Sapete, la «fertile polemica», eccetera).
Si diceva della "piattaforma politica" e qui dichiaro che faccio ampiamente riferimento alle analisi elaborate dal gruppo di Orizzonte48 e derivati, che condivido in larga parte.
Abbiamo le analisi libertarie, anarcoidi, gretine...e socialiste. Pick your fighter, I did.
 
QUINDI:
 
Dal nostro punto di vista una singola scelta «sostenibile» è una scelta realmente etica e pratica, ma pur sempre una scelta politica. Essa si pone in relazione con una prassi tesa ad eliminare o ridurre il più possible le esternalità negative di un processo a livello ambientale, dove l'ambiente è considerato come l'insieme di ecosistemi che permette e supporta il fiorire della società e la soddisfazione delle necessità di sviluppo della persona umana.
Questa scelta deve:
  • soddisfare le condizioni di reale efficacia all'interno di un sistema complesso rappresentato da esigenze talora contrastanti;
  • essere libera e autonoma da parte dell'individuo, a cui deve essere lasciata la possibilità di risolvere autonomamente queste esigenze contrastanti;
  • a livello politico e amministrativo, discendere direttamente dalla risoluzione del conflitto distributivo a favore della maggioranza delle persone, in equilibrio con le esigenze di sfruttamento delle risorse e degli ecosistemi.

Cos'è una pratica sostenibile?
Una pratica sostenibile realmente efficace (dal punto di vista ambientale e quindi sociopolitico ed economico) è una pratica che minimizza i costi sociali delle attività antropiche attraverso l'attenzione verso i processi che coinvolgono la relazione con gli ecosistemi di supporto della società, e facente parte della tendenza alla condizione ideale di sviluppo armonico dell' individuo.
 
Scelgo di dare questa definizione rimarcando ancora una volta il carattere consequenziale della prassi sostenibile nei confronti della prassi politica, orientandomi tra i diversi gradi di relazione umana col prelievo di risorse/scarico di esternalità nell'ambiente (vedi schema sottostante).
Nominare l'ambiente esplicitamente non è quasi necessario, in quanto una piacevole conseguenza di un assetto sociopolitico corretto rispetto agli interessi della maggioranza della popolazione. I modi di produzione e consumo sono imprescindibili da questa analisi.

Postulati:
•costi ambientali ⇔ costi sociali.

non c'è benessere sociale senza benessere individuale.

non c'è benessere ambientale senza benessere sociale.
In questo «Sustainability spectrum» dove vogliamo collocarci? Ricordo che è necessario equilibrio!
 
 
 
 
 
 
Libero arbitrio e sostenibilità
A livello individuale, la pratica sostenibile è una scelta libera che deve partire dalla consapevolezza della possibilità e piena legittimità di pratiche alternative meno sostenibili, relativamente a certi aspetti piuttosto che altri.
 
La costrizione (legislativa, sistemica, psicologica ecc.) alla tale pratica rappresenta dal mio punto di vista una forzatura dell'individuo che dovrebbe essere invece lasciato libero di compiere le proprie scelte. Se avviene un'imposizione politica verso l'individuo gli si impedisce di trovare le soluzioni migliori per la SUA vita, e quindi gli si impone una "via governativa" alla sostenibilità che, per definizione, non lo soddisferà perché non sarà tarata secondo le sue esigenze individuali.
 
Se l'individuo non può trovare piena e autonoma realizzazione, in quando inserito in un sistema dove egli è variabile dipendente e la sostenibilità variabile indipendente, siamo in presenza di ecologismo, 
ovvero di una falsa soluzione sostenibile che ha come risultato l'oppressione politica del popolo e l'oppressione della vita in senso biologico. Biopolitica (per es. i razionamenti energetici).

Idealmente l'individuo e la comunità in cui è inserito vivono in relazione con la natura e ne conoscono gli ecosistemi, sviluppando un attaccamento affettivo e culturale per i luoghi della loro vita stabile (e non di consumatori nomadi nullatenenti) fissando nell
a pianificazione e modalit
à insediative territoriali, nei modi di produzione e di consumo ecc. la mitigazione del conflitto distributivo entro il processo democratico.

In questa cornice, l'organizzazione della vita individuale dovrebbe essere lasciata libera da influenze politiche "top-down". lavorando piuttosto sulla sensibilità del singolo, il quale è responsabilizzato nella gestione delle proprie scelte da dinamiche antropologiche, politiche, culturali...
 
 
 
 
Cultura sostenibile tra tradizione, visione politica, possibilità tecniche
Ciò che rende una scelta disposizione politica, un comportamento individuale o collettivo, un processo produttivo, ecc. tecnicamente sostenibile è la capacità di sfruttare i processi naturali biofisici degli ecosistemi, l'uso di sistemi passivi e cicli chiusi per minimizzare le esternalità negative e gli sprechi energetici e di risorse.
 
Fukuoka la definiva «l'arte del non fare». Questo però non è sufficiente da solo, devono contemporaneamente verificarsi la condizione di scelta libera e individuale frutto della presenza di alternative alla portata di chi vuole.

La pratica sostenibile deve garantire livelli di qualità della vita tutto sommato paragonabili a quelli garantiti dalle pratiche meno (o diversamente) sostenibili passando per la valutazione etica di superfluo/necessario, quindi mirare a scongiurare una compressione dei diritti democratici ed anzi ampliandoli attraverso i benefici apportati all'individuo e alla società da pratiche realmente sostenibili.
 
 
La particolare difficoltà relativa alla soddisfazione di queste esigenze genera una parziale sovrapposizione col concetto di tradizione intesa come insieme di soluzioni socio-culturali e di strutturazione dell'ambiente antropizzato nel lungo termine, con la differenza che la moderna cultura sostenibile comporta la esplicita presa di coscienza del mondo creato attorno all'Uomo e i rapporti che vi intercorrono.

Qui si apre un discorso interessante che non affronto ora, ma che accenno, che consiste nell'analizzare la presunta irrazionalità delle tradizioni accorgendosi che usi e costumi apparentemente astrusi, arcaici o superstiziosi ottengono invece risultati straordinariamente efficaci dai punti di vista che ci interessano. E questo perché, essendo la sostenibilità da noi intesa come un risultato, per le culture tradizionali vale la medesima situazione interfacciandosi al tema ambientale attraverso la sua sublimazione nei rituali e nelle credenze, trattandolo quindi in modo inconscio ma pienamente razionale.
Noi abbiamo bisogno di mediare la tradizione attraverso la sua presa di coscienza, al fine di recuperarla criticamente.
 
Sostenibilità come autodeterminazione tecnica e umanistica
In questo caso si apre un altro bivio da risolvere: conoscere il mondo in modo gnostico e deterministico o agnostico ed olistico?
 
È necessario a questo punto rigettare la possibilità di utilizzare in modo massiccio e standardizzato l' alta tecnologia per enumerare e astrarre il mondo fisico al fine di imbrigliare Uomo e Natura nell'internet of bodies, mentre i codici genetici degli esseri viventi vengono modificati per adattarli ai cambiamenti transumani imposti da oscure dinamiche.
 
La tecnica non è neutrale: essa quanto più è sofisticata tanto più è fuori dal controllo della persona non specificamente preparata, e appartenente ad un ordine di grandezza superiore e irraggiungibile dominato da Big Tech.

La dipendenza da tali sistemi tecnologici non è sostenibile sotto diversi aspetti, alcuni dei quali trattati nel ben noto discorso che fa N. Taleb su complessità/fragilità.
Sosteniamo invece l'Umanesimo dell'autodeterminazione tecnologica —un concetto ancora in via di definizione, scerzosamente denominato #PLI (Partito Luddista Italiano?? boh!) il Luddismo Ottimista di giardinieri del mondo che credono nella democrazia e nella autogestione delle condizioni adatte affinché ogni persona possa riflettere in serenità sulla propria vita e svilupparla autonomamente in modo positivo, allontanandosi quindi dal «sistema della smart city» che produce comportamenti asociali e misantropici.

La sostenibilità si trova offline, nella realtà, dove risiede anche il pensiero critico e l'humus culturale della famiglia, strumenti fondamentali tra quelli necessari per affrontare i radicali cambi di paradigma che avvengono nella nostra epoca. Un futuro inquietante (tratteggiato in Noi e il Futuro) da molti già predetto, e che richiede una certa dose di resilienza individuale, trasformata in un occasione per diminuire la propria integrazione e dipendenza dal Sistema, come esemplificato in Luddisti Ottimisti in Rete.
 
 
 
 
 
La falsa sostenibilità
Una falsa scelta sostenibile (greenwashing) è una scelta guidata da un'idea che non trova fondamento nella realtà o frutto di un approccio riduzionista che entra in conflitto con altre dinamiche, il quale non soddisfa il requisito pratico di equilibrio dei cicli naturali ed è per ciò dannosa fonte di esternalità negative. La falsa pratica sostenibile, adottata erroneamente, continuerà a produrre danni che andranno ad intaccare gli ecosistemi ambientali che supportano le umane attività, processi e prodotti, e in definitiva danneggiare o contribuire al declino dei gruppi sociali umani e dei territori sui quali risiedono.
Se sappiamo cos'è il malthusianesimo, sappiamo anche che questa può essere una conseguenza desiderata da qualcuno.
 
Ricordiamo inoltre che il salutare contatto con la natura fisico ma soprattutto psichico e spiriturale attraverso le forme note come Prima, Seconda, e Terza Natura rientra implicitamente nell'ambito definito dall'art.32 della Costituzione, nonché sono scientificamente dimostrati gli indiscutibili e ovvi benefici psicofisici della presenza strutturata nella vita quotidiana di un rapporto sensoriale e sistemico con la natura in senso lato, l'assenza di inquinanti e contaminanti, fattori stressanti, e cosi' via.
Tuttavia dovremmo opporci fortemente alle recenti modifiche degli articoli 9 e 14 della Costituzione, inserendo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali. E questo sempre facendo riferimento al principio di non porre la sostenibilità come variabile indipendente, come costante, come principio fisso a cui tendere, perché questa scelta ci sottopone a biopolitiche malthusiane, come già spiegato in precedenza. È pertanto una falsa scelta sostenibile, se applichiamo il concetto di cui sopra.
 
NOTA DI METODO: questo è uno dei tanti possibili dispositivi logici per raffrontarsi alla valutazione politica della legislazione senza possedere una preparazione specifica per poter affontare il tema legislativo/costituzionale nel merito del corpus giuridico. Ognuno approfondisce ciò che maggiormente appartiene al suo campo, e si affida agli approfondimenti altrui per completare le informazioni per lui più complesse.
Il fatto di convergere su posizioni simili e complementari partendo da concetti condivisi ma da aree di studio differenti costituisce una ottima cartina tornasole e controllo di coerenza dei concetti e dei ragionamenti.
Un esempio  di ciò è chiaramente visibile nell' articolo "La questione ambientale e il controllo sociale del mondialismo neo-malthusiano" su Orizzonte48.
 
 
 
 
 
Certamente la via alla sostenibilità non puo' esserci senza Stato, che però deve collocarsi alla giusta distanza di rispetto dall'individuo e dalla sua famiglia, incentivandone la crescita e la mobilità sociale, all'interno di una comunità la quale dovrebbe sintetizzare dei rapporti di produzione e consumo in armonia con l'essere umano, ad entrambe le scale dell' individuale e collettivo. Fino ad allora potremo solamente tentare di migliorare il terreno della nostra proprietà per renderlo più fertile, o magari costruire una casa in materiali ecologici, o eliminare gli accessori di plastica dalla cucina. Encomiabile, ma purtroppo non sistemico. Senza dubbio salutare per noi (o per i Tre Porcellini Polemici che intraprendono un simile percorso) sapendo che esiste anche un aspetto "sostenibile" della condizione interiore umana, e che l'attuale ordine sociale impone ritmi e valori insostenibili.
 
 

 
C'è quindi un aspetto contingente e impellente (il crollo sistemico che ogni giorno si fa più grave e veloce...se non ve ne siete accorti!) da armonizzare con una visione più ampia e teorica, che si integra nella questione della redistribuzione del reddito, nel rifiuto della visione delle risorse come uno stock limitato e indipendente dai modi della produzione e consumo che vengono applicati.
Tuttavia è fondamentale —tra noi che ci occupiamo di queste cose— non perdere tempo in fazionismi, purismi, settarismi ideologici eccetera perché, come si diceva, il tempo è finito: i flussi di energia si interrompono, gli approvigionamenti alimentari scemano, i commerci languono, l'inflazione impazzisce... Discorsi interessanti se ne stanno facendo da
più parti, ma sembra una galassia composta da sistemi autonomi che non dialogano a vicenda, purtroppo.
Credo sia un aspetto interessante da approfondire ulteriormente utilizzando il lavoro svolto finora come una testa di ponte da cui la nostra mascotte Jet McQuack può decollare verso nuove rotte esplorative.
 
formation
 
Posted: 12/04/2022 07:26 — Author(s): Polemicarc

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